Da Cormano a Cesate: villa Arconati, una storia e il parco delle Groane - Lombardia Coop to Coop
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Da Cormano a Cesate: villa Arconati, una storia e il parco delle Groane

Da Cormano a Cesate: villa Arconati, una storia e il parco delle Groane

Se racconti che farai a piedi da Cormano a Cesate ti guardano strano pensando che devi avere qualche problema serio.

“Ma non ci sono posti migliori dove andare a camminare?” È la domanda più scontata, ma ne arrivano tante altre tra l’ironico e il sarcastico, ma nessuno che cerchi di trovare una logica.

E invece ce ne sono diverse e alcune davvero interessanti. Iniziamo con il dire che questo territorio è ricco di storia e di storie. Una campagna piena di cascine che per secoli hanno nutrito piccole e grandi comunità. Poi ville, industrie è solo nel secondo dopoguerra una esplosione edilizia che l’ha trasformata in modo profondo.

Cormano non è solo una uscita dell’autostrada o un punto di passaggio di quella “città infinita” di cui parla il sociologo Aldo Bonomi e che parte da Busto Arsizio per arrivare a Bergamo restando sempre in mezzo a fabbriche, capannoni, casermoni e centri commerciali. Appena esci da quell’arteria micidiale che è la A4 si scopre un mondo.

La complessità del territorio là si può scoprire alla stazione di Bovisa che è uno dei tanti crocevia ferroviari. La rete è ormai fitta, solo Milano ha oltre duecento stazioni confermando la profonda trasformazione che ha vissuto la città e l’area metropolitana.

Da Cormano e Cesate è la prima tappa del nuovo cammino del progetto Lombardia Coop to Coop. Una idea che tiene insieme tanti elementi quali la scoperta del territorio e la sua valorizzazione, l’attenzione all’ambiente, il benessere non solo fisico ma delle persone nel loro insieme. E per finire la conoscenza dei negozi Coop. Questa tappa ha battuto ogni record in tal senso perché oggi siamo entrati in quattro store: Cormano, Novate, Bollate e Cesate. Il tutto camminando per diciassette chilometri gran parte dei quali tra boschi, prati e il parco delle Groane.

Due ore di cammino per arrivare a Villa Arconati, prima meta della tappa. “La piccola Versailles italiana” come amano definirla alla Fondazione Rancilio, proprietaria dell’immobile e pregevole parco.

“L’epoca d’oro di Villa Arconati – come si può leggere sul sito ufficiale-si intreccia con la vita di diverse generazioni della Famiglia Arconati, che per due secoli fu proprietaria e anima del Castellazzo, precedentemente appartenuto al Marchese Guido Cusani.

Galeazzo Arconati, cugino del cardinale Federico Borromeo, nel 1610 investe il suo patrimonio nell’acquisto della proprietà del Castellazzo, comprendente la “casa da nobile”, le corti rustiche e la cassina del torchio. Amante e collezionista d’arte, dilettante d’architettura – tra i suoi incarichi risulta anche quello di rettore della Fabbrica del Duomo – egli apporta rilevanti modifiche alla struttura del “palatium”, ingentilendone gli aspetti formali ed eliminando gli elementi più rustici. La casa dei nobili era composta da un blocco rettangolare con, a piano terra, il portico e lo scalone e, al piano superiore, una galleria e da un secondo blocco rivolto ad ovest, verso lo stradone di Milano. Le modifiche apportate dal 1619 sono quelle riferite al portico, all’ampliamento dei piani nobili, all’acquisto di sculture, di marmi classici romani, della statua di Tiberio, un tempo detta di Pompeo Magno, del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, di frammenti del monumento funebre a Gaston de Foix. È inoltre Galeazzo che, a partire dal 1621, rincasato da un soggiorno romano, organizza la pianificazione integrata tra villa, paesaggio e Giardino, sulla base di esempi di ville romane e fiorentine, introducendo i teatri e i giochi d’acqua ispirati agli studi di Leonardo Da Vinci”.

È possibile fare visite tutte le domeniche o prenotando in gruppo.

Sempre a Castellazzo distante un chilometro circa, si trovano i resti dell’antica fabbrica Sutter & Thévenot teatro di una drammatica vicenda quasi al termine della prima guerra mondiale. Era il 7 giugno 1918, esattamente alle 13:50, quando un fragore spaventoso scosse Castellazzo di Bollate. Nella fabbrica di munizioni Sutter & Thévenot, gestita da svizzeri e tedeschi, si verificò un’esplosione devastante che portò alla morte di 59 lavoratori. Tra le vittime, ben 52 erano giovani donne impiegate nella produzione di bombe da trincea, con un’età compresa tra i 14 ei 30 anni. Questo tragico evento, poco conosciuto ai giorni nostri, è il punto di partenza per il nuovo romanzo di Ilaria Rossetti, intitolato “La Fabbrica delle Ragazze”, pubblicato da Bompiani il 24 gennaio scorso e già nominato per il Premio Strega 2024. La Fabbrica delle Ragazze” è un racconto romanzato, ma fedele ai dati storici, che trasforma la memoria locale in una memoria condivisa a livello nazionale. Il libro parte dal recupero della vera storia, già menzionato anche da Ernest Hemingway nel suo racconto “Storia Naturale dei Defunti”, in cui Hemingway stesso partecipò ai soccorsi. Il romanzo di Rossetti dà voce a storie diverse, concentrandosi su due ragazze davvero scomparse: Emilia Minora e Clementina Colombo.

Una storia drammatica a cui la comunità locale è molto legata e che fa capire quanta ricchezza di vicende si possono incontrare.

Alle sedici precise siamo entrati nel punto vendita di Cesate. Un gruppo di dieci persone con caratteristiche molto diverse per età e storie. Conoscere è un altro aspetto pieno di fascino per chi scegli di mettersi in cammino.



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